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Shortly about us
Martiria is an epic/doom metal
rock band formed back in the '80s and re-founded (after
a long pause) in 2002. Seven album published (last one R-Evolution, with ex Black Sabbath Vinny Appice - 2014).
The band was formed back in the '80s. At the beginning the
band was very much oriented towards Doom/Metal sounds such
as: early Candlemass and Black Sabbath. After releasing
just a few demos and featuring various musicians, in 1998
the members of the group decide to take a break for a while
in order to experience different projects. (continue) |
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News and LIVE shows
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& booking
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Reviews & Interviews
Reviews
/ Interviews
Album:
On the way back (
2011 )
INTERVIEW
Date:
August '11
Author:
Metal.it
Vote:
n/a
Language:
Italian
Website:
http://www.metal.it
Direct link: click
here
L’intervista con i Martiria, nella persona del loro brillante e sagace chitarrista Andrea "Menario" Menarini, è diventata una piacevole abitudine alla quale il sottoscritto non “può” proprio sottrarsi ogniqualvolta la formazione capitolina dà alle stampe un nuovo lavoro discografico.
Stavolta, allo scopo di sviscerare l’essenza di “On the Way Back”, da poco pubblicato su My Graveyard, viene coinvolto anche Marco Capelli, immaginifico lyricist del gruppo, per un quadro ancora più completo dell’ennesimo capolavoro di una band capace di fornire, attraverso un approccio “classico” eppure straordinariamente produttivo e appassionante, un contributo importante alla scena metallica internazionale attuale, sempre più caratterizzata da diffusi fenomeni di “stagflazione” artistica (stagnazione nelle idee, inflazione nell’offerta!).
Ciao ragazzi, e bentornati sulle pagine di metal.it! Confermiamo una piacevole e doverosa consuetudine istituita fin dal vs. esordio! … dal 2008 (anno d’uscita di “Time of Truth”) ad oggi sono cambiate un po’ di cosette in casa Martiria … Andy, ti va di riassumere per sommi capi questo periodo di “rinnovamento”?
Andy: Ciao Marco, bene, diciamo che abbiamo avuto un pochino da fare! (ehehehehh!). A parte gli scherzi, è stato un periodo lungo e tortuoso nella mia vita familiare ed anche in quella di qualche altro della band e quando non c'è calma (almeno apparente) non è consigliabile creare, almeno per me. In questi tre anni, siamo riusciti comunque a toglierci delle grandi soddisfazioni a cominciare con l'apparizione live al Play it Loud, dove abbiamo potuto per la prima volta suonare live con Rick, capirai che è stato un evento più unico che raro ... inoltre avevamo la bega del batterista da sistemare. Fabrizio è un amico e ci ha dato una mano finché ha potuto, cosi dopo il suo allontanamento, siam ritornati da Umberto che già conoscevamo (aveva preparato gran parte del repertorio per venire al PIL, ma poi causa una sua tournée con altra band ha dovuto mollare), ed ora è entrato definitivamente in pianta stabile nella line up. Possiamo poi aggiungere circa sei mesi di lavoro sul nuovo album ed ecco colmato il periodo di silenzio.
Il “nuovo” approccio esibito in “On the Way Back”, indirizzato ad enfatizzare in maniera più evidente la componente oscura della vs. proposta musicale, recupera, in realtà, lo stile degli esordi assoluti del gruppo, quello dei demo, per intenderci, dai quali, se non erro, avete tratto parecchi spunti diretti … E’ così? Da cosa è nata questa esigenza?
Andy: I brani scritti in passato da Massimo (primo singer della band), mi sono sempre piaciuti, e consideravo un vero peccato che non avessero avuto la giusta visibilità. Cosi ho proposto la cosa a Marco e Derek ed ho cominciato a lavorarci sopra. Le partiture originali erano molto anni 80, serviva una bella ringiovanita ed un approccio più coerente con quella che è la musica dei Martiria oggi. Diciamo che quello che ne è uscito è esattamente quel che volevamo.
La voce di Rick, come affermato in sede di recensione, è assolutamente strepitosa anche nel nuovo contesto e funge da perfetto contraltare alla preziosa opera esecutiva e compositiva … mi sembra di aver capito che la sua presenza, per un breve periodo, fosse “in dubbio” e che ci fosse la possibilità di tornare a collaborare proprio con il vs. primo cantante, Massimo Di Vincenzo … Come sono andate le cose?
Andy: Non è mai stato in dubbio Rick, diciamo che per un aspetto affettivo e di correttezza, mi sembrava giusto proporre a Massimo di cantare su quest’album, che inizialmente doveva essere un auto-tributo ai vecchi Martiria, in attesa di un nuovo album. Massimo purtroppo non è riuscito ad organizzarsi per seguirci in quest’avventura, cosi ho chiesto a Rick se aveva voglia di prestarsi. Nel momento in cui Rick ha accettato, ho cominciato a cambiare gli arrangiamenti in modo più marcato, riportando alcune atmosfere più vicine a quel che siamo oggi, cambiamenti che sono continuati anche dopo la performance di Rick, che , ad esser sincero, ha sorpreso nuovamente anche me.
Addentrandoci tra i “solchi” di “On the Way Back”, mi trovo (come sempre, del resto, quando si tratta di un’opera dei Martiria!) abbastanza in difficoltà nell’effettuare delle selezioni. L’impeto di un’ispirazione “globale” è prepotente, per cui bisognerebbe approfondire ognuna delle canzoni dell’albo … vi chiedo se vivete la fase di composizione proprio nell’ottica di una “visione collettiva” e di sviscerare almeno il contenuto di “Ashes to ashes”, “The slaughter of the guilties” e “You brought me sorrow”, tre pezzi in cui, a mio modo di vedere, emerge tutta la vs. personalità abbinata alla vs. inarrestabile carica espressiva …
Andy: Sai Marco, I Martiria vivono da sempre di una “simbiosi atipica”. Man mano che passano gli anni ci rendiamo conto che probabilmente siamo veramente “incastrati” bene. La collettività esiste in quanto le persone che fanno parte della band sono tutte sulla stessa linea d'onda. Da sempre i Martiria sono la libera interpretazione artistica di tutti i componenti che ne fanno parte, nessuno è obbligato a fare nulla, ci possono essere suggerimenti ma nulla più, ed inoltre tutti lavoriamo ad un pezzo singolarmente, quindi abbiamo l'opportunità di concentrarci come vogliamo sul da farsi. Forse è proprio questa la chiave di volta. Riguardo ai brani citati lascio la parola a Marco.
Marco: Grazie Andy. In effetti funziona proprio come dice lui. Cioè i pezzi nascono ... da soli. Servono giusto un colpetto, una limatina, un “Si potrebbe, forse, fare così e così”. Alla fine (almeno per quel che riguarda il mio “settore”, cioè i testi), è difficile ricordarsi chi ha suggerito cosa. Mie, al limite, sono le “immagini” che si succedono seguendo il ritmo della musica ... Detto questo, lasciami aggiungere che m’incuriosisce molto la scelta dei tre pezzi che hai citato, perché (se aggiungiamo “On the way back”), sono anche i miei favoriti. “Ashes to ashes” e “The slaughter of the guilties” sono, in un certo senso, parte di una trilogia che si conclude con il già citato “On the way back”. Potremmo definirla la trilogia dell'assurdità della vita. “Ashes” si confronta con la morte, e non la morte “epica”, in qualche modo giustificata, di un eroe, ma quella assurda, insensata che incontriamo tutti i giorni: la morte di un bambino per una tragica fatalità o quella di un uomo che, come tanti, si ammala e se ne va, in silenzio, lasciando rimpianti, dolore e senza portare a termine niente di quel che si era proposto. Un padre tiene tra le braccia il corpo senza vita del figlio, un figlio attenderà per sempre il ritorno del padre. E tutto questo perché? La risposta non esiste, però ognuno di noi inventa la propria: caso, fatalità, destino. Chi ha fede, spera, chi ne ha un po' meno, sogna. Qualcuno ci scrive sopra una canzone.
L'unica certezza è, ovviamente, che siamo fatti di cenere e polvere.
Anche “The slaughter” ha a che fare con la morte, in un certo senso: la morte dell'innocenza. Cosa trasforma un bimbo innocente (che tutti i bimbi lo sono) in uno spietato assassino? Ci sono molte risposte possibili, questa è una. Per non dimenticare che “there is darkness even into the light”.
Come ho scritto qualche riga più in alto (sì, lo so, tendo ad essere logorroico), la trilogia si completa idealmente con “On the way back”, dove a morire sono le illusioni e ci si confronta con la sottile, insinuante, tentazione della resa finale.
“You brought me sorrow” ci porta, invece, in un territorio differente, dove la musicalità è certamente l'elemento più importante; il testo (ispirato a quello originale di Massimo e modificato soprattutto nella metrica e nella successione delle immagini, che ho volutamente reso più sfumate, indefinite) accompagna l'andamento quasi misticheggiante della melodia raccontando una favola con più piani di lettura: forse si parla di un amore infelice, o impossibile, di un sogno che svanisce a risveglio o, chissà, di un uomo che si è innamorato di una creatura fatata, cosa, come sappiamo benissimo, estremamente pericolosa.
“Gilgamesh”, di cui avete realizzato anche un video, è un altro momento importante del disco, forse in qualche modo leggermente più “classico”, ma molto significativo … come mai avete scelto di celebrare l’epopea del Re di Uruk?
Andy: Già nel demo di 25 anni fa, il testo parlava di questo personaggio, la partitura musicale richiama molto l'epicità ed i contesti di quella storia, cosi abbiamo deciso di tenere la traccia del testo, sulla quale Marco ha lavorato per renderla più efficace.
Marco: Esatto, anche in questo caso la narrazione segue la trama iniziale impostata da Massimo, fatti salvi i dovuti tagli e le modifiche alla metrica. Ho aggiunto qualche scena tratta dall'epopea e seguito la successione cronologica degli eventi limitandomi a rendere il tutto il più “musicale” possibile. Epico, ovviamente, lo era già, ci mancherebbe! Parliamo del primo eroe della storia (o, almeno, del primo di cui ci sia giunta memoria ...)
Il sodalizio con Marco continua in maniera assai fruttuosa e rappresenta un’ulteriore peculiarità dei Martiria nel panorama musicale attuale. Da cosa nasce la necessità di un paroliere “esterno” alla band? Avere una visione non direttamente coinvolta nella fase di composizione musicale contribuisce a trovare soluzioni narrative più efficaci ed emotivamente coinvolgenti?
Andy: Marco è parte integrante della band. Ci sentiamo spessissimo durante la fase di stesura sia delle parti strumentali sia dei testi. Ma come ti spiegavo prima, ormai non c'è più tanto bisogno di andare nello specifico, ci parliamo dei temi da trattare, delle suggestioni, delle emozioni che vogliamo creare e poi ognuno si mette a lavoro.
Marco: Raramente mi è capitato di lavorare in modo così naturale con qualcuno. Viaggiamo, semplicemente, sulla stessa rotta, così che basta qualche colpetto al timone, di quando in quando, ed il gioco è fatto. (L'unica cosa di cui Andrea può lamentarsi a ragion veduta è la mia pigrizia – ahem – ma sono nato così e mi sa che sia tardi per rimediare!).
Come ho detto e ripetuto, ritengo Rick il cantante perfetto per il gruppo, ma forse la distanza ha determinato dei limiti logistici alle vs. esibizioni dal vivo, abbastanza sporadiche … Tenendo conto dell’importanza dei live, in quest’asfittico mercato discografico, hai qualche “rimpianto” da questo punto di vista? Riuscirete a promuovere il nuovo disco con qualche data in formazione completa”?
Andy: E' un vecchio tarlo questo. Ma credimi che la problematica non abbiamo avuto modo di viverla, dato che le proposte per suonare live non sono mai state cosi frequenti. Le posso contare sulla punta delle dita di una mano ... tutto quel che ci hanno proposto l'abbiamo preso. Evidentemente non siamo una band che suscita grande interesse negli organizzatori di eventi live. Comunque ci stiamo adoperando per trovare tempi e location per presentare il nuovo album, abbiamo anche la disponibilità di Rick.
Il cambio di etichetta mi sembra avvenuto nel segno della continuità … passione e professionalità erano le caratteristiche dell’Underground Symphony e le stesse le ritroviamo anche alla My Graveyard Productions … Come vi trovate a “casa” Mazzardi, che, del resto vi aveva già voluti per quell’indimenticabile edizione del Play It Loud da te precedentemente citata?
Andy: Hai detto bene Marco, sia Maurizio sia Giuliano sono due persone mosse da passione e grande serietà, stavamo bene prima con Underground Symphony e stiamo bene ora con My Graveyard Productions ... speriamo di continuare cosi!
Due parole, a questo punto, penso debbano essere spese anche per il nuovo innesto Umberto Spiniello, autore di una prova maiuscola e perfettamente integrato nel clima sonoro della band …
Andy: Umberto è un grande professionista di rilievo, con la passione per questo genere. Non poteva dirci meglio. Anche con lui abbiamo qualche piccolo problema logistico visto che vive ad Avellino, ma ormai sembra una caratteristica della band, stiamo infatti valutando con Derek, chi fra me o lui deve allontanarsi da Roma, siamo troppi in due qui! Ahahahah! Tornando ad Umberto, è ciò che ci mancava, un musicista competente, umile e disponibile. Credo che abbia dato una vera marcia in più ai brani di “On the way back”, potente e raffinato, proprio come deve essere il batterista dei Martiria.
E ora? Mi rendo conto che è forse un po’ presto, ma sono davvero curioso di sapere quali sono le vs. intenzioni per il futuro … continuerete con quest’attitudine, tornerete a suoni più esplicitamente epic/power, o “cambierete” ancora direzione musicale?
Andy: Credimi che non so risponderti. Non abbiamo mai fatto un album con l'intenzione di seguire un genere, abbiamo sempre fatto musica nel modo che ci piace senza restrizioni. Le nostre influenze sono talmente tante che finiscono tutte nel mezzo dei nostri brani. Già ho pronti diversi riff, e stiamo cominciando a lavorarci sopra per il prossimo album...chissà che magari per febbraio ... inoltre usciranno a breve un paio di compilation come tributo ad due grandi band, abbiamo partecipato su entrambe con un brano. La prima dei Black Sabbath che uscirà a fine ottobre sempre per My Graveyard, il pezzo sul quale ci siamo cimentati è “Spiral Architect”.
Marco: M’intrometto: decidere a priori cosa si vuol fare, vuol dire porsi dei limiti in partenza ... e la passione non ammette limiti!
Ultimamente hanno destato parecchio scalpore le parole di Geoff Tate che, oltre a definire il rock un genere praticamente morto, ha classificato il nuovo lavoro dei Queensryche (una cocente delusione, peraltro) come un “disco da auricolari", rilevando che oggi è questo il modo in cui si fruisce della musica e affermando che non rimpiange per nulla “i giorni in cui ci si sedeva attorno a un vinile” … Al di là del rispetto che si deve alla sua opinione e al fatto che è giusto abbracciare nuove idee e tecnologie, mi sembra che ci sia un eccessivo orientamento “usa & getta” anche nella musica e che non ci soffermi più ad “ascoltare” davvero un prodotto musicale. Qual è il tuo pensiero in merito?
Andy: Sono d'accordo, ma solo in parte. E' tutta una corsa, la musica è solo un aspetto piccolo di quel che è l'andamento della vita. Siamo sommersi da una superficialità illimitata che opprime chiunque abbia voglia di vivere intensamente, bisogna sforzarsi ed essere molto determinati per sopravvivere a questa che ormai sembra esser diventata la cultura. Non siamo aiutati purtroppo dalle istituzioni e la capacità del singolo di riprendersi i giusti spazi ed i giusti tempi è sempre più messa alla prova. Dobbiamo continuare a combattere, tornando al pensiero del grande Tate, non sono d'accordo con lui ... quello è il pensiero di qualcuno che ha gettato la spugna (non m’interessano i motivi), rassegnato (in quel caso) al nuovo che avanza e che probabilmente ha perso di vista da dove era partito. Per concludere il concetto riassumendo, l'idea non può seguire il trend, l'idea è il trend!
Marco: Meglio essere una minoranza coraggiosa che una silenziosa!
Detto sinceramente, siete soddisfatti di quello che siete riusciti ad ottenere con la band o vi sentite, come dire, un po’ “in debito”? Cosa pensate manchi davvero ai Martiria per ottenere uno “scatto” decisivo?
Andy: Visibilità. Rispondo così netto, perché è stato proprio elemento di confronto con Marco e Rick in questi ultimi tempi, stiamo cercando di porre rimedio a questa mancanza cercando di sfruttare tutte le nostre piccole possibilità, ma sappiamo già che ci accontenteremo di dove riusciremo ad arrivare, per noi è pur sempre un bellissimo gioco!
Marco: Ovviamente sono d'accordo con Andy, tuttavia, quando si fa qualcosa che si ama davvero, viene la voglia di condividerlo con quante più persone possibili e questo non è cosi semplice. Paradossalmente l'era di internet, con le sue infinite possibilità, ti mette in contatto con tutto il mondo ma ti concede solo un istante per presentarti. Comunque, noi non si demorde mai, ci mancherebbe!
Andy, giacché non ami, se non ricordo male, le domande finali a “schema libero”, nel rinnovarvi i perentori complimenti e nel ringraziarvi per il tempo dedicato, ti chiedo di provare a spiegare ai nostri lettori l’essenza dei Martiria, cosa rappresentano per te e magari provare convincerli ad “ascoltare” veramente quello che avete da “dire” (mmm … era meglio “l’argomento a piacere”, forse?) …
Andy: Ach!!! mi hai fatto lo scherzo sull'ultima domanda!!?? Allora innanzi tutto ringrazio te e Metal.it per lo spazio che ci concede e ringraziandoti anche per i complimenti provo a rispondere a quest'ultima domandona. I Martiria sono energia. Fusione di emozioni, intensità di confronti, libertà di espressione, illimitato sfogo per la mente. Non ascoltate un nostro Cd perché figlio di un cliché o di un genere musicale, mettete il Cd nel lettore e fatelo andare, non prima di aver liberato la mente da tutti gli standard possibili ... poi, ... vivetelo. Un grande saluto a tutti quelli che ci supportano costantemente, state sintonizzati, ci sentiamo molto presto!
©
Metal.it
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